il fantasma di pizzo
- foglia grafica ventodistrada

- 2 giu 2020
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 3 giu 2020

l'arcobaleno alle volte aiuta a scegliere, ma alle volte non ispira niente. la stanchezza, la voglia di stupire con poco, la curiosità che sfiora la febbre. alle volte conquistare l'amore è bello come vivere al di fuori di un bordello pieno di meccanismi che sanno di violenza. non è solo piacere, è anche lotta alla mafia. alle volte...
c'è quel vecchio detto che riguarda la mia città e dice Torinesi falsi e cortesi. ma io non ci ho mai creduto, che discorsi! il sindaco simbolo di Torino non ha la puzza sotto il naso, è Gianduja e regala cioccolatini. sta alla gente gustarseli e non languire davanti alla carta dorata, non volerla mettere in cassaforte come un lingotto...
Monet evidentemente era come un gatto, istintivo, sciatto, viziato...
aveva creato una casa come un segno di partecipazione principale, attacchino, affannato, fleshiante, ottimo come alcova... sembrava il nido di una gallina con le uova.
I colori scorrevano come l'acqua e i suoi segreti.
Non che avessero del senso certi modi di fare bacchettoni, poco fashion, fin troppo affannati, non si lasciavano tanto toccare, avevano un aspetto un po' febbricitante, magari pensando al mare. ma non proprio ecobio o sostenibili, come si dice al giorno d'oggi. un po' come un fenomeno da baraccone, paranoie a parte. non tutti si sentono figli dei fiori, che ci vuoi fare? ma non è quello il problema. il flusso tantrico passa lo stesso e il tempo aggiusta tutto... come dicevano gli antichi.
Tra incominciamenti sfuggenti e aromi dai sistemi provocanti, tutto si svolgeva come se fosse normale. ma c'era qualcosa che non convinceva. chissà come mai?
del resto dipingeva come un imbianchino, metteva insieme i colori a caso e ammassava pezzi sviluppi come il flusso di uno sciacquone. viziato e spregiudicato, come è riportato su wikipedia ebbe una "vita borghese, trascorrendo una fanciullezza agiata e all'aria aperta, grazie alla quale poté coltivare un amore viscerale per i paesaggi normanni". tutto spermatozoo scrollato e niente mistero, né contenuto, né significato, né consapevolezza. come ha fatto a farsi un nome? evidentemente il pressing alle volte attira più clienti dell'arte, come dicono.... la pubblicità è l'anima del commercio.
Era un rozzo, un ignorante, un pizzino che fin da piccolo dia segni anarchia e rifiuto della socializzazione. si legge su wikipedia una testimonianza cruciale "ero un ragazzo naturalmente indisciplinato» osservò Monet cinquant'anni dopo «anche nella mia infanzia odiavo obbedire alle regole [...] Vivevo la scuola come una prigione e odiavo trascorrere il mio tempo lì, anche se per sole quattro ore giornaliere»." nel tempo, a forza di allenamento e cinica concentrazione, riuscì ad imparare a dipingere i corpi. infantile e suggestionato dalla violenza impressionante dei contrasti, dei riflessi nel 1863 realizzo il famoso "scandalo sobillato dalla Colazione sull'erba di Manet, quadro che non rispondeva affatto alle prescrizioni accademiche per via della presenza di un nudo femminile non avallato da una sicura contestualizzazione storica o mitologica." da allora la beffa fu istigazione alla prostituzione nel suo letto prediletto. aveva perso la madre e nelle donne trovava le coccole della sua infanzia delirante, della sua gioventù all'inseguimento di uno Zenith di calore e colore che aveva poi trovato in africa da militare. intento che la cerchia dei suoi seguaci si faceva sempre più forte e il plauso della pagherai gli sosteneva i vezzi e i capricci. la donna rimaneva per lui come un'ombra. intanto che il suo spirito fluttuava e sbucava, tra un inganno e un'illusione, tra il bersagliamento e l'intrusione. come un proiettile che cercava pace ma cadeva a piombo dove non si riesce. ecco perché poi la sua casa è esplosa come un girasole vanitoso, lontana dal presente e dal gusto, ma appiccicosa come una marmellata di frutta fermentata.
la perdita di controllo si riversava per lui nel privato nascosto, nel mistero del letto, tra indizi sospetti e parafrasi incomprensibili, tra ombre e luci ingestibili, nelle sfumature dei colori, appunto, che lasciava scivolare come acqua. quando morì sua moglie si diede per disperato, m l'anno successivo usciva. a far polpetta già con un'altra donna. la fine della moglie Camille fu frutto di un misto di ansia da prestazione e morbosità per il dramma al punto che "fu tormentata da dolori atroci e, alla fine, persino da un cancro all'utero aggravato dalla nascita del figlio Michel. «Sento che le sofferenze di quella povera donna alla fine le risulteranno fatali. È orribile vederla sottoposta a questa tortura, talmente strazianti che persino la morte, al loro posto, sarebbe desiderabile»"
la sua anima fluttuante come un fantasma di pizzo lo tormentava, al di là dell'apparenza gioconda, al di là dell'imperturbabilità sferzante, aveva il trauma dell'incompetenza che gli correva nel sangue e gli ricordava impertinente preferisse quanto il miele, come un orso isolato, invece che il dialogo, la scoperta reciproca. quando arrivò a dipingere le famose ninfee, forse l'unico vero cenno poetico della sua esistenza, scrisse "sono continuamente ossessionato da ciò che sto cercando di realizzare. Mi alzo la mattina rotto di fatica [...] dipingere è così difficile e torturante. L'autunno scorso ho bruciato sei tele insieme con le foglie morte del giardino".
In lui continuava ad essere predominante il raggiungimento del finale, dell'obiettivo in cui sparire, dell'infinitamente piccolo, per tentare di contenere la misura di dio, l'infinitamente grande. dimenticandosi il messaggio fondamentale. l'uomo fatto di solidarietà e passione. poco prima di morire affermò "non vorrei morire prima di aver detto tutto quel che avevo da dire; o almeno aver tentato.". al tempo stesso la freddezza di una razionalità che voleva essere onniscienza, il tentacolare parossismo che lo rendeva surrogato all'ansia da prestazione "i miei giorni sono contati".
quello che di lui era più imbarazzante, fu proprio quella difficoltà di rapportarsi con il prossimo che andava astraendo in un senso di autoreferenzialità masturbatoria. da una parte si assunse la responsabilità fi fare i conti in tasca a tutti, anarchico: "rivolta all'accademismo e nella volontà tutta positivista di ripristinare il senso del vero.". non il dialogo, ma l'estraniamento. una scelta di vita che voleva cogliere l'essenza delle cose, l'impressione profonda, il senso sentimentale, non architettato dalla struttura del conformismo. il nostro intelletto scarta il superfluo e, con un'operazione di sintesi, mantiene solo l'essenziale. ma il risultato fu sostanzialmente il riflesso superficiale di un'energia diffusa e senza volto che naufragò nell'eccitazione.
anche i criminali vivono di emotività mal gestita e silenzio personale, di azioni a sorpresa e cliché sia superficiali che proiettati dallo sclero dei sensi nella direzione di una proiezione in un riflesso allucinato.
lui non pare che abbia compiuto azioni pesanti, ma chi può dirlo? i battibecchi, le allusioni, il non detto, l'energia incanalata nella destrutturazione del linguaggio portano a violenze sessuali che vengono date per scontate come l'asfalto delle strade o il freddo al di là della coperta. segni di distacco che non spiegano i fatti.
la sua casa infatti era come un nido di farfalle. non la consapevolezza zen della verità, ma l'abbaglio fantasmagorico di un messaggio fatto di emozioni e diffidenza, l'intreccio di aromi che nascondono il piatto vuoto.
pace, fratelli!





























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