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I BURATTINAI DEL PENE

  • Immagine del redattore: foglia grafica ventodistrada
    foglia grafica ventodistrada
  • 6 feb 2016
  • Tempo di lettura: 2 min

Ci sono cose che le persone vivono normalmente e che costituiscono un mistero per molti. Per esempio le condizioni del membro maschile quando non è impegnato a sfoggiare per conquistare la partner o il partner.

Un altro argomento avvolto dal mistero riguarda il semplice fatto che non necessita di nessuna deferenza, di nessuna preoccupazione particolare, ma è simpatico, volitivo e alla buona, e ci si può scherzare sopra.

In questo caso invece tutto appare semplice, innocente, relativo e relazionabile.

Noi lo chiamiamo pene o non lo chiamiamo, ma durante lo spettacolo a cui ho assistito mercoledì al teatro Gioiello, si scopre che può essere pellicano o lumaca, hamburgher o vulcano, manovella o gelato, è capace di fare il buffone e far ridere la gente.

Ridere, ridere, ridere, fino a dimenticare la vergogna, fino a superare il dispetto, fino a percerpire finalmente che non si tratta di un alieno, ma del migliore amico dell'uomo.

La sua naturale propensione ad essere al centro dell'attenzione si sfoga in mille smorfie che trasformano la tensione in pragmatica accettazione di sè, lontana dai rapporti di dipendenza e dall'ansia da prestazione.

Non uomini oggetto, ma persone che delle proprie maschere conoscono i connotati e gestiscono le forme, scelgono le espressioni e conquistano la simpatia senza autonegarsi.

Finalmente scompare lo scettro che, bastone o carota, ha condizionato secoli di storia, per fare spazio all'uomo, con la sua cretività e la sua indipendenza.

Le réclames da cartellone hanno acclamato al fenomeno da baraccone, ma la realtà è molto più profonda e liberatoria, va al di là di quello che sembra il contorsionismo un po' sadomaso per citrulli che non hanno niente di meglio che rimestare nel torbido. E' lo smantellamento di un tabù, la dimostrazione di una naturalezza spontanea, che consiste soprattutto in un diritto vitale.

Per la maggior parte di noi donne, poi, soprattutto una rivelazione epocale, lo smascheramento di un inganno che ci ha emarginate inesorabilmente per un'eternità. Abituate come siamo state a conoscere i genitali maschili nella loro virilità e conturbante piacevolezza, perlopiù non abbiamo idea delle condizioni in cui riversano nei tempi del lavoro, della cordialità e della politica: le misure, le condizioni, la neutralità, la spensieratezza.

Sebbene ancora truccato da enigmatiche metafore, durante questo spettacolo invece si rivela nella sua pragmatica ieraticità, nudo e crudo nella sua tranquillità così come ogni uomo lo vive ed è stufo di nascondere. Tenero e trasformista, fa capolino e chiede di essere accettato di per se stesso, come un sorriso, e di poter rinunciare al parossismo di un'eterna censura.

Che sia l'avvisaglia di un nuovo maschilismo, finalmente innocuo, emancipato e determinato alla propria autoconsapevolezza?


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