FUOCOAMMARE
- foglia grafica ventodistrada

- 26 feb 2016
- Tempo di lettura: 2 min

A Lampedusa c'è un bambino con un occhio pigro. Anche noi abbiamo un occhio pigro. Quello che non vuole vedere che migliaia di clandestini allo stremo delle forze stanno arrivando in Italia.
Gente in cerca della propria dignità, persone che non possono essere abbandonate a se stesse. Anche se si tratta di forestieri.
Il film di Rosi non fa prediche, non vuole convincere nessuno, perché non c'è niente di convincente nella miseria e nella disperazione. Si limita ad osservare, pazientemente, prendendosi il tempo per interiorizzare, per recepire ed elaborare. Come un'opera d'arte non spiega se stesso, lascia che trapeli il significato, esprimendo per la sensibilità, senza alibi né favoritismi.
E' un film trasparente, limpido come il mare, silenzioso, imponente.
Solo un uomo fa da testimonial, il medico che si occupa del primo soccorso dei nuovi arrivati. Anche lui sembra non dire, ma chiedere di poter capire. E' un uomo che non riesce a farsi una ragione di tanto tormento, segue la propria mano che agisce nel tentativo di alleviare il travaglio cieco di tante persone di cui non conosce il nome ma sente il fiato del vivere. E vi ci si riconosce. Senza snobismo nè reticenza.
Solo alla fine si vede la ripresa documentaria di un'azione di soccorso nei confronti di un barcone stracolmo. Si vede la debolezza, si vede la tristezza, si vede il disorientamento, si vede il malessere, si vede la fame. Alla fine si vede anche la morte. E poi si torna a vedere il mare. Nella sua sconvolgente bellezza.
E' la bellezza di una fotografia satura di colori e intensità, in fin dei conti, la colonna portante di questo film, che va a cercare la luce nel profondo della notte tramite le motovedette della guardia costiera che perlustrano la costa. Una bellezza che pare sbiadire nella luce che allaga il giorno della tranquillità di un paese indifferente alla presenza dei nuovi arrivati, nonostante il loro disperato bisogno di solidarietà. E che torna per specchiarsi nel mare, nel suo ondeggiare che pare eterno, nella sua imperturbabile estaticità. Intanto che la musica crea un linguaggio universale in grado di superare le barriere della diffidenza.




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