top of page

L'ULTIMA PAROLA

  • Immagine del redattore: foglia grafica ventodistrada
    foglia grafica ventodistrada
  • 29 feb 2016
  • Tempo di lettura: 2 min

Il pippone americano, ammettiamolo, è pieno di mille risvolti, reca con sè mille voci diverse per la stessa traccia. Così è che questa volta è saltata fuori LA VERA STORIA DI DALTON TRUMBO, tale sceneggiatore che il quale ha lavorato a stretto contatto con altri, pubblicava sotto pseudonimi e si faceva firmare da prestanome, tanto che la sua voce si integrava alla perfezione nel coro di uni costretti ad affrontare l'impressione di essere nessuno pur di risultare alla fine, ancora una volta, il centomillesimo super eroe americano, pieno di sè e con un unico vero nemico che gli rovina la vita: la tremenda tentazione di essere solidale.

Superman avrebbe volentieri fatto sesso con sua moglie invece che farsi di kriptonite per il piacere della compagnia, Rambo, non lo ammetteva mai, ma ne faceva abbondantemente anche a meno di rischiare di ammazzarsi per la patria, e Dalton Trumbo si è fatto un anno di carcere per le sue idee politiche socialista, ma non è riuscito mai a formulare nemmeno una frase connessa riguardo la sua posizione a proposito del comunismo. Alla faccia del maccartismo fiorente di quegli anni.

La sua posizione è quella dello sceneggiatore di Hollywood, quello spiritello che non è né il divo né il regista. Ma che "fa testo" inventando bolle di sapone che diventeranno luminescenti e si perde nell'anonimato reificante del mito fine a se stesso che si conferma imperturbabile nella propria globalizzazione di genere. Super duramente messo alla prova tremendo fantastico eroe self made americano, genio incompreso e grande fratello, dai mille volti e un unico vuoto interiore.

Questo il succo del silenzio che il filone commerciale americano ci ha lasciato, l'ultima parola. Muta.

Come il distacco astraente del buddismo zen, che sembra non sentire la passione del mondo.

Come l'imperturbabilità di un film a cui non puoi fare niente, ti annoia e alla fine non sai se è che l'hai già visto o è che ti sei stufato di vederlo in continuazione. Perché tutti i film sembra averli scritti lui, quelli di quel genere, e cerca di farti credere che non esistono altri generi. Lui, con i suoi due oscar consegnati però a nome di un amico il primo, il secondo addirittura di un avatar inesistente.

L'ultima parola. Muta. Come quella rimasta sul volto di Hedda Hooper la giornalista del Time che non perdeva occasione per metterlo in cattiva luce. Perché il macho vinca ancora. Come un maximus, l'elefante indiano, grande, grosso e lento che è stato immolato sull'altare di Ganesha, il figlio prediletto a cui tutto è concesso.


Commenti


videomolecola | creare per esprimere equilibrare per conoscere

bottom of page